Il Nord dell’Islanda

La permanenza nel nord dell’Islanda è stata funestata dal maltempo, che non ci ha permesso di portare a termine i nostri programmi. Non siamo riuscite a vedere le balene a Husavik, e non abbiamo percorso alcune strade panoramiche costiere invase dalla nebbia.

La tappa da Egilsstaðir a Asbyrgi è piuttosto impegnativa. In teoria avrei dovuto percorrerla passando da Þórshöfn via Raufarhöfn per poi arrivare a Kopasker lungo la costa (strada 870). Visto però le condizioni del tempo, la mia host della Midjnaes Accomodation a Vallanes mi ha consigliato di tagliare la penisola, e seguire la 85. Ci siamo alzate prestissimo, e abbiamo lasciato Egilsstaðir verso le 8. Abbiamo raggiunto la Grimshus Guesthouse verso le 14, lasciando i bagagli in una specie di deposito. Le parti comuni della guesthouse non erano modernissime, invece le stanze ed i bagni erano molto carini. La mia singola è costata 56 Eu (prenotata via Booking).

Ci siamo subito fiondate verso il Canyon di Asbyrgi. Il nome significa “riparo degli dei”, ha una forma di ferro di cavallo, e si dice che si sia formato dopo un’alluvione del fiume Jokulsa. Ha un’ampiezza di circa 1.5 km, con un anfiteatro di rupi a picco alte circa 100 mt. Nella conca è possibile passeggiare fra la vegetazione seguendo degli itinerari segnalati, alcuni non in modo precisissimo. La cosa più divertente è stato arrampicarsi per salire in cima alle scogliere (ci sono ad un certo punto dei gradini e corde a cui appigliarsi). La cosa meno divertente è stata la pioggia, soprattutto quando ho scoperto che le mie scarpe, in teoria waterproof, in realtà non lo erano affatto!! 

Il giorno successivo, la prima attività a saltare è il whale watching. Al molo di Husavik scopriamo che tutti i tours sono sospesi per il forte vento e mare agitato. Ci consoliamo indugiando più del dovuto al museo della balena, ben riscaldato. Nell’area souvenir riesco a trovare le infusioni di timo artico, e non me le lascio scappare, fortunatamente, visto che neppure a Reykjiavik le ritroverò.

Raggiungiamo in seguito le formazioni di lava di Dimmuborgir, un campo di lava originatosi 2300 anni fa da una fuoriuscita di magma dal terreno, che formò un lago che si raffreddò velocemente dopo essere entrato in contatto con le acque del Mývatn. Le molte grotte e caverne furono originate dal vapore intenso. Come in altri luoghi, le leggende narrano che queste formazioni dalle forme fantasiose siano state dimora di elfi ed altri spiriti. Pare che tali storie fossero inventate per dissuadere i bambini dall’uscire all’aperto in inverno, perchè in caso di smarrimento a causa del buio e del freddo potevano rischiare la morte.

Hverir è di una bellezza eccezionale, nonostante il maltempo. Ci impantaniamo le scarpe in maniera scandalosa, ed imbrattiamo oscenamente i tappetini della nostra auto, questa è la giusta punizione divina per aver schernito al parcheggio i turisti cinesi che scendevano da un bus con i piedi avvolti nelle babbucce in nylon da piscina.

 

Selfoss, seguita da Dettifoss e Hafragilsfoss, generate dal fiume Jökulsà, sono meravigliose nonostante tutto. Ci arriviamo dal lato ovest, con strada asfaltata (862 + 886). La pioggia, il vento, le avversità metereologiche non tolgono nulla alle bellezza di questi luoghi, che nulla perdono e nulla guadagnerebbero sotto un sole splendente. La potenza e la forza con cui l’acqua fangosa si getta nella gola del canyon Jökulsárgljúfur sono assolutamente impressionanti e paurosi. Il salto venne generato da un violento terremoto originaato da un’eruzione vulcanica che spostò l’alveo del fiume verso una profonda faglia nella pianura basaltica. La potenza dell’acqua solleva spruzzi che si vedono a 1 km di distanza. La potenza d’urto è tale da scavare la sottostante forra al ritmo di diversi centimetri l’anno.

Ultima tappa del giorno sono i bagni termali di Mývatn, che vediamo solo da fuori.

Una volta raggiunto Mývatn, è semplice individuare la reception dell’ostello, (Hlid Hostel) che si trova ben segnalata vicino al campeggio, un po’ meno invece scovare l’esatto edificio dove dormiremo. Tutte le sistemazioni in città, a parte la nostra, sono costosissime. Ci siamo adattate alle camerate (40 Eu a testa, prenotate via Booking). A dire la verità, ho dormito benissimo comunque, gli occupanti dell’altro letto a castello era una coppia di canadesi molto educata. Le recensioni sono discordanti, sicuramente i bagni sono da rivedere, ma la vista dalla sala pranzo è impagabile. La cucina è piccola, e se arrivano gruppi è meglio organizzarsi per preparare i pasti prima che come cavallette questi invadano i locali, ed occupare i tavoli. Una caratteristica non proprio piacevole, all’inizio, è l’odore fortemente sulfureo dell’acqua che esce dai rubinetti. Però, è sufficiente attendere un attimo, ed al palato risulta completamente neutra. In zona ci sono moltissime cose da vedere, e penso sia meglio fermarsi almeno due notti.

Il mattino seguente, bypassiamo Stóragjá, non siamo fans de “Il trono di spade”, ed andiamo di corsa.

Il lago Mývatn si trova tra la faglia euroasiatica e quella europea, in costante allontanamento. La zona è ricca di attività vulcaniche di ogni tipo.

Sulla strada per arrivare a Hverir, in prossimità del bivio per le sorgenti termali, scorgiamo un piccolo lago fumante di un colore pazzesco, un turchese quasi fosforescente, nonostante la giornata bigia. Cartelli avvisano di prestare attenzione ed assolutamente non bagnarsi, in quanto le temperature possono raggiungere i 100°. L’odore di zolfo è fortissimo, sembra di stare all’inferno!!

Proseguiamo poi verso la caldera del Krafla, che include uno dei due più famosi crateri Vìti con un lago all’interno, l’altro si trova nell’Askja (“vìti” in islandese significa “inferno”). Tutti i sentieri sono chiusi, e non ci resta che una misera sosta di pochi minuti per le foto al parcheggio.

Prima di lasciare per sempre la zona, compiamo il periplo del lago.

La bella cascata di Goðafoss è facilmente raggiungibile dal parcheggio, e grazie ad un ponte è possibile ammirarla da entrambi i versanti.

Raggiungiamo prestissimo Akureyri, lasciamo le nostre cose alla Lonsà Guesthouse, (63 Eu la singola, prenotata con Booking) e ci dirigiamo in città.

Il centro è ricco di attività commerciali, bar, ristoranti, e vanta una discreta scena musicale. Nel porto fanno scalo le grandi navi da crociera. I negozi di abbigliamento sono presi d’assalto da disperati,  impreparati alle avverse condizioni climatiche. Una famiglia di colombiani in giacchetta e Converse lascia con nonchalance alla cassa almeno 1000 EU in scarponcini goretex. Avere i piedi freddi e bagnati ti rende capace di qualsiasi cosa, anche spese folli. Sono nella loro stessa situazione, ma mi accontento di stivali di gomma da 40 Eu in saldo, ed un cappellino giallo da pescatore di merluzzo. Segnalo anche la presenza di un outlet della 66North, marca islandese (anche qui riesco a impoverire il portafoglio).

Dopo aver lasciato Akureyri col solito tempo da lupi, facciamo tappa a Holmavik

con visita al museo della magia e stregoneria, tappa che avrei volentieri evitato col bel tempo se ci fosse stato qualche posto all’aperto dove passeggiare. L’ingresso è di 1000 ISK. Viene consegnato un libretto di spiegazioni disponibile in varie lingue, italiano compreso. Fra rituali, monili, simboli, papiri, pergamene, bacchette, spiccano i nábrók, un paio di pantaloni fatti di pelle umana, che le leggende raccontano fossero in grado di donare ricchezza a chi li indossava. La procedura secondo la Lonely Planet era piuttosto complicata: occorreva infatti mettersi d’accordo prima del trapasso con qualcuno disposto a cedere il proprio corpo. Dopodichè era necessario scuoiare il cadavere dalla cintola in giù, badando bene a non sbrindellarlo, pena la vanificazione di tutti gli sforzi. Il posizionamento di una moneta nella sacca dello scroto avrebbe portato alla magica moltiplicazione della stessa.Tutta la storia è talmente una boiata che già gli abitanti del tempo dovevano averla trovata assurda, al punto che si sono sempre ben guardati dall’utilizzarli.

Ciò che mi ha interessato di più sono le cronache dei processi di stregoneria. Mi hanno veramente lasciato sbalordita i futili motivi per cui i malcapitati venivano accusati, vicende veramente allucinanti, bastava mettere in giro la voce che per colpa di un certo tizio, che magari ti stava antipatico, le pecore non producevano più latte, e senza pensarci troppo ecco che lo sfigato di turno veniva condotto al Þingvellir e processato, quasi sempre con esito tragico per lui. Uso il maschile con cognizione di causa: gli islandesi in termini di difesa delle quote rosa sono sempre stati avanti rispetto a noi del Sud Europa e quindi, contrariamente ai nostri lidi, qui i condannati al rogo erano principalmente uomini, e non donne.

A Litlibær, dopo un caratteristico caffè, avvistiamo gruppi di foche spiaggiate su banchi di sabbia al largo. E’ necessario uno zoom per fotografarle decentemente. Nel parcheggio c’è un banchetto incustodito con marmellate fatte in casa in vendita, ed una cassettina dove lasciare i soldi. Potrebbe sembrare un’usanza curiosa per noi italiani, ma per me non è nulla di nuovo, la stessa pratica è in uso in Australia, e probabilmente in altri paesi civili.

Raggiungiamo Laugarbakki sotto un cielo inclemente, delle bellezze del fiordo circostanti non riusciamo a vedere nulla. Non riesco neppure ad uscire dalla macchina per visitare la piccola chiesa di Viđimýrarkirkja (ingresso 1000 ISK), una delle poche rimaste con il tetto in torba

La guesthouse Langafit, prenotata contattando la proprietaria tramite Facebook, una doppia 56 Eu, merita un momento di gloria sul blog. A vederla da fuori, non si direbbe affatto essere ciò che è, in quanto si trova ad un distributore di carburante, nel cui negozio la proprietaria vende di tutto, dai maglioni ad originali souvenirs. Sul retro, invece, 4 stanze molto graziose, con cucina e piccolo bagno in comune. Dalla cucina un porta comunica direttamente con il negozio. Anche un campeggio viene gestito, l’ho capito perchè durante la serata alcune persone sono piombate in cucina chiedendo appunto info in merito dopo aver visto il cartello al distributore. In pratica, davanti alle nostre camere, c’è un prato dove la gente può sostare con tende e camper, e sono a disposizione alcuni bagni comuni.

 

Precedente L'Islanda Occidentale Successivo Il Sud dell'Islanda

Lascia un commento