Il Sud dell’Islanda

Nonostante l’atterraggio dell’aereo sia stato puntuale, abbiamo perso un po’ di tempo in aeroporto a ritirare soldi agli ATM, e trovato un po’ di coda all’agenzia di noleggio auto, che abbiamo raggiunto con una navetta (non è comunque distante, e con pochi bagagli la si raggiunge a piedi in 5 minuti, al ritorno abbiamo fatto così). A dire la verità, mi sono dilungata parecchio a periziare lo stato d’uso della vettura che mi è stata consegnata, scattando parecchie foto e richiamando l’impiegato per fare aggiungere sul verbale tutta una serie di precisazioni relative alla presenza di graffi e bolli. Meglio comunque essere pignoli, secondo me, per evitare poi discussioni alla restituzione. Almeno altri tre quarti d’ora sono stati dedicati alla nostra prima spesa islandese, con sosta ad una serie di centri commerciali sulla tangenziale di Reykjiavik. Il Bonus purtroppo era già chiuso (normalmente abbassano le serrande alle 18), per cui ci siamo adattate al Kronor. Parecchie cose ce le siamo portate dall’Italia, ma comunque abbiamo perso parecchio tempo ad individuare tutto quello che costava meno….

Sulla strada per Skalholt, ci siamo fermate a visitare il Þingvellir National Park, una radura ove, nel 930, venne fondato l’Alþingi, il parlamento islandese, uno dei primi al mondo ad essere costituiti. E’ possibile in questa zona camminare fra due gole parallele, si tratta infatti di una frattura (l’Almannagjà) che si è formata a seguito dell’allontamento delle faglie a seguito di momenti tellurici. L’assemblea si riuniva all’aperto, una volta l’anno, per legiferare e prendere decisioni importanti per il paese. Dopo aver visitato il museo di Holmavik, apprenderò che qui si svolgevano anche i processi per condannare al rogo gli accusati di stregoneria. Vista l’ora tarda, non c’è praticamente nessuno.

Raggiungiamo Skàlholt senza fatica grazie a Maps verso le 20, quello che invece stentiamo ad individuare è l’esatta casa dove dobbiamo dormire. Dopo un po’ di peripezie, e telefonate alla nostra host, riusciamo finalmente a sistemarci in una specie di villetta con diverse stanze da letto, e cucina e bagno comuni, però ci siamo solo noi, e quindi ci allarghiamo come nababbi.

Skàlholt è un importante centro religioso, sede della curia vescovile. Oltre alla nostra foresteria è presente una bellissima guesthouse, che credo si prenoti via booking, molto più cara però, e che abbiamo perlustrato il mattino seguente, prima della partenza, anche perchè dovevamo pagare le nostre due singole (35 Eu, nulla era stato richiesto alla prenotazione, avvenuta via email, neppure il numero di carta di credito)

La cattedrale è andata distrutta in un terremoto, rimane una piccola chiesa con i tetti in torba, che fotografiamo prima di lasciare Skàlholt.

e partiamo alla volta della valle di Haukadalur, per ammirare i suoi numerosi geyser, di cui il più famoso è quello di Geysir, il più antico storicamente conosciuto, che ha quindi esteso il nome a tutti i fenomeni di questa tipologia. L’ingresso al sito è libero, ed è già gremito di gente alle 10.00 di mattina. Il Geysir nei giorni attuali ha esaurito la potenza di un tempo, per cui la star è ora Strokkur, che erutta circa ogni 20 minuti. E’ possibile passeggiare nei dintorni, ammirando solfatare e pozze bollenti.

Il centro commerciale che sorge accanto al parcheggio, poi, è fornitissimo non solo di souvenirs, ma anche di pregiati capi di abbigliamento, anche tecnico, ed ospita bar e ristorante presi d’assalto dai turisti. Decidiamo di proseguire verso le cascate di Gullfoss, pure affollatissime sul belvedere principale, anche se, noto con piacere, il mio treppiede mette un po’ soggezione, ed almeno l’80% per cento dei presenti prima di pararcisi dinnanzi aspetta che io abbia azionato il pulsante della fotocamera. Non è così, invece, ahimè, quando lo metto nel bagagliaio e scatto a mano libera. Allontanandosi dal parcheggio, ad ogni modo, l’assembramento umano diminuisce molto, ed è possibile passeggiare su un costone, ammirando le cascate dall’altro, quasi senza la presenza di umani.

Come area di sosta per il pic nic scegliamo il prato di ingresso di un grazioso campeggio, che confina con una fattoria nei cui recinti pascolano numerosi cavalli.

Dopo il pranzo al sacco, che ci siamo preparate al mattino prima di partire, seguendo il flusso turistico sostiamo a Seljalandsfoss, la famosissima cascata dietro la quale è possibile passare (obbligatoria la mantellina di nylon se non ci si vuole infradiciare). Dicono che questa cascata sia particolarmente spettacolare al tramonto, purtroppo noi ci arriviamo che sono circa le 15, e nel frattempo il sole si è nascosto dietro ad una distesa di nuvole a pecorella, per cui le foto non sono granchè. Notevole invece la vista passeggiando verso altre cascate attigue.

Verso tardi, quando il sole oramai è definitivamente sparito dietro una fitta coltre di nembi, arriviamo a Skògafoss. Percorriamo i 700 gradini per osservare la cascata dall’alto, da qui si diparte il sentiero di Laugavegur. Il nostro primo giorno in questa terra è uno continuo stupore davanti alla maestosità dei paesaggi.

Dormiamo a Eystrisolheimar, una fattoria poco prima di Vik, sistemate in due singole. Io ho richiesto la più economica sleeping bag accomodation (30 Eu) per cui non ho a disposizione gli asciugamani, ed i letti sono privi di coperte e lenzuola. A dire la verità, i materassi sono però coperti da un telo che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo, ma non so se sia pulito. Mi sistemo il sacco a pelo. Una coppia di francesi sta consumando cibo pronto al microonde, noi invece ci cuciniamo un sontuoso risotto allo zafferano. I padroni di casa vivono nell’appartamento soprastante. Dopo cena, verso le 22, esco a fare una perlustrazione del cortile, per ammirare il basso sole che sta tramontando, e fare amicizia con alcuni cavalli.

Il mattino seguente, troviamo le indicazioni che segnalano la presenza del fotografatissimo relitto aereo di un DC-3 a Sòlheimasandur, ma decidiamo che non è il caso di perderci tempo, e proseguiamo verso Sólheimajökull, il nostro primo ghiacciaio, E’ possibile, dal parcheggio, raggiungerne le propaggini con una breve e facile passeggiata. Vengono anche organizzate escursioni con ramponi. E’ assolutamente sconsigliato avventurarcisi privi di attrezzatura adeguata. Nonostante il cielo bigio, molte sono le opportunità fotografiche.

Dopodichè, è la volta del promontorio di Dyrhólaey, dalle cui scogliere a picco sul mare si possono vedere un arco di pietra lavica ed alcuni faraglioni, nonché, se si ha fortuna, parecchi pulcinella di mare.

Consumiamo il pranzo al sacco vicino al faro, poi ci avviamo alla volta della spiaggia nera di Reynisfjara, contornata da colonne basaltiche originate da colate laviche, affollatissima I turisti si arrampicano ovunque, come formiche. Il tempo è inclemente, con cielo grigio e vento sferzante. Molti sono vestiti in modo inadeguato, con abiti primaverili adatti ai selfie modaioli, e così presi a scattarsi foto che spesso non si accorgono del sopraggiungere delle onde, e ne vengono investiti. Reynisfjara, dove è presente una forte risacca, è tristemente nota per le onde anomale, che in certi casi hanno travolto turisti disattenti, portandoli al largo e facendoli annegare. Ho letto una interessante teoria sul web a riguardo, per cui pare che arrivino a gruppi di 3 o 4. La più impetuosa è sempre l’ultima, che ti frega quindi quando magari credi di esserti già messo in salvo dalla prima e ti riavvicini all’acqua. Reynisdrangar è invece il nome delle grosse rocce di grandi dimensioni che affiorano dal mare di fronte alla spiaggia. Secondo le saghe islandesi sarebbero dei trolls pietrificati mentre cercavano di trascinare a riva una nave, in effetti la rupe più grande, vista da alcune angolazioni assomiglia ad un vascello. In realtà, invece, Reynisdrangar erano parte della catena montuosa Reynisfjall, e se ne sono distaccate a causa dell’erosione degli agenti atmosferici

Dedichiamo una breve visita a Vik, prima al suo grande supermercato, con negozi annessi, e poi alla sua deserta e selvaggia spiaggia.

Prima di raggiungere il nostro campeggio, attraversiamo sotto la pioggia una desolata landa molto particolare, Skaftareldahraun, costituita da distese laviche ricoperte di muschio verde creatisi nel 1783. E’ ritenuta una delle colate di lava più grandi al mondo originate da un’unica eruzione. Un percorso ad anello delimitato da corde permette di fotografare il paesaggio. Sono presenti in zona alcune grotte.

Finalmente giungiamo al campeggio di Kirkjubæjarklaustur, prenotato tramite Air BnB (182 Eu, sic!), stasera dormiamo insieme in un bungalow da due letti a castello, piuttosto angusto, situato tuttavia in un paesaggio spettacolare. Piove sia all’arrivo che durante la notte, la visita ai bagni per le docce ed il resto non è del tutto agevole, ma penso a quelli nelle tende e mi sento fortunata 🙂

Il mattino seguente al risveglio splende il sole, il paesaggio intorno è favoloso. Prima di approdare alla nostra prima tappa di oggi, una delle più attese per me, il Fjaðrárgljúfur, passiamo accanto alla Systrastap rock. La visita al Fjaðrárgljúfur mi delude un pochino, perchè ci sono percorsi obbligati da seguire tassativamente, e non è possibile allontanarsi a piacimento. A seguito di un videoclip girato da Justin Bieber, la zona è stata presa d’assalto da turisti provenienti da ogni parte del mondo, che hanno deturpato l’ambiente. Il canyon è stato in seguito chiuso per manutenzione, e la delimitazione dei sentieri è stata decisa per salvaguardare il paesaggio. A parte questo dettaglio, la vista dai belvedere è magnifica, soprattutto quando, verso tarda mattinata, il sole fa capolino.

Poco oltre, proprio sulla ring road, raggiungiamo questa amena località di cui non sono riuscita a trovare il nome, Maps la denomina semplicemente Foss, ma solo la geolocalizzazione

Successivamente, è la volta del Vatnajökull National Park, il più grande ghiacciaio europeo e la quarta calotta di ghiaccio più vasta al mondo, comprendente una varietà di paesaggi alpini e vulcani, la cui attività crea ogni anno una serie di caverne di ghiaccio visitabili credo solo d’inverno. Il Vatnajökull forma tutta una serie di lingue di ghiaccio, fra cui Skaftafell e Jökulsárlón, e l’annesso Skaftafell.

La sosta al belvedere che credo si chiami Haoldukvisl

e poi la cascata di Svartifoss, incastonata fra rocce nere basaltiche, e raggiungibile dopo una passeggiata di circa un’ora in salita.

Dormiamo a Hof, allo Svinafell Campground che comprende, oltre all’area dedicata a tende e camper, anche sistemazioni in camere in diversi edifici. Io ho nuovamente a disposizione una singola (36 Eu) in sleeping bag accomodation, e queste volta non mi danno neppure il cuscino. La cucina in comune ha una vista splendida.

Il quarto giorno raggiungiamo la laguna ghiacciata di Jökulsárlón, anche questa molto turistica ed affollata, tuttavia è impressionante notare come la maggior parte dei turisti si accalchi nelle immediate vicinanze del parcheggio, per cui, se appena si decide di camminare poco oltre, si gode di una discreta solitudine, e molto silenzio, disturbato soltanto dai tour dei gommoni, che personalmente abolirei, dal momento che non aggiungono nulla di speciale al panorama che si gode dalle rive. Qui i blocchi di ghiaccio sono di un bianco accecante, e fluttuano lentamente verso il mare. Le foche nuotano incuranti dei flash dei fotografi.

Diamond Beach, una grande spiaggia di sabbia nera, è all’imbocco dell’estuario. Fiumi di persone sono intente anche qui a fotografare gli iceberg che si arenano a riva.

Dopo un pranzo al sacco consumato in spiaggia, ritorniamo di pochi km indietro per visitare Fjallsárlón. Azzeccata quindi la nostra scelta di fiondarci al mattino subito a Jökulsárlón, perchè Fjallsárlón è molto meno visitato, per cui non ci si trova grande affollamento neppure verso le 14, quando invece Jökulsárlón è una bolgia.

Proseguendo oltre, incontriamo il grazioso villaggio di Þórbergssetur, con il suo Thórbergur Center, edificio curiosamente a forma di libro.

Approdiamo a Höfn piuttosto presto. L’ostello è formidabile. Noi abbiamo questa volta prenotato una doppia, tramite Booking (171 Eu). I bagni sono modernissimi e puliti, la cucina è dotata di attrezzature professionali.

Il nostro quinto giorno inizia alla laguna di Stokksnes, che riflette il massiccio del Vestrahorn. Tecnicamente quest’area fa ancora parte del Vatnajökull.

In seguito raggiungiamo il villaggio di Djúpivogur, e la sua curiosa esposizione di sculture a forma di uova “Eggin í Gleðivík”. Dal paesino si dirama una serie di passeggiate ad anello, con bella vista sul fiordo e sui promontori. Il tempo è decente sino alle 14.

Rientriamo dalla nostra escursione e facciamo pranzo in macchina nel parcheggio del locale supermercato (fuori si è alzato il vento e fa freddo mangiare sedute sulle panchine che pure avrebbero una splendida vista). Raggiungiamo Egilsstaðir sotto una pioggia non molto fitta ma comunque fastidiosa, accompagnata da una nebbiolina che ci preclude la vista sui paesaggi maestosi dei fiordi orientali. Lascio Cristina all’ostello in città (la accompagno e nel frattempo do un’occhiata, è anch’esso molto bello e moderno), e mi dirigo, non senza difficoltà, perchè l’indirizzo indicato da Booking non è corretto, verso la mia sistemazione, che è Mjóanes Accommodation, una bella fattoria a qualche km da Egilsstaðir. Camere (45 Eu la singola, prenotata tramite Booking) e bagni arredati deliziosamente. La nostra host, credo il nome sia Elsa, gentilissima e molto disponibile. Mi aggiorna sul peggioramento delle condizioni meteo, e fornisce preziosi su come raggiungere la tappa del giorno successivo.

 

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